Introduzione alla Mostra Provinciale Celebrativa del I° Centenario dell’Unità d’Italia – Nello Rondelli (“Ferrara Viva”, anno I, n. 2, Ottobre 1959)
Fra le manifestazioni celebrative del Centenario dell’Unità è prevista, in sede provinciale, presso il Museo del Risorgimento e della Resistenza in Ferrara, una Mostra di documenti, stampe, manifesti, autografi e cimeli dell’epoca.
Questa Mostra riveste una particolare importanza, perché negli intendimenti del Comitato promotore deve documentare la partecipazione di Ferrara e provincia ai grandi eventi degli inizi della nostra storia unitaria.
Fin dallo scorso anno il Soprintendente Archivistico dell’Emilia aveva lanciato l’idea di una mostra regionale emiliana che, in caso di riuscita, avrebbe potuto essere trasferita, di volta in volta, nei capoluoghi della Regione (cfr. Allegato IV).
Essendo però sorte frattanto in vari centri iniziative autonome per mostre provinciali ed essendosi una mostra regionale rivelata – per l’allestimento e le spese – molto complessa ed impegnativa, anche a Ferrara si impose come opportuna l’organizzazione di una Mostra a carattere provinciale, senza escludere con ciò la possibilità di una successiva mostra a carattere regionale, anzi creandone le premesse.
A conforto della presente iniziativa, si può richiamare l’unica esperienza precedente che risale all’anno 1888, allorché nella grande Esposizione delle province dell’Emilia in Bologna, nel «Tempio del Risorgimento Italiano», venne organizzata una grande Mostra di documenti e memorie di tutto il periodo risorgimentale (cfr. Allegato I). concorsero allora tutte le province emiliane, e anche Ferrara venne degnamente rappresentata con un cospicuo gruppo di carte, stampe e cimeli (cfr. Allegati II e III).
In confronto all’esposizione precedente, che partiva dal 1794 per giungere al 1870, l’attuale Mostra provinciale è molto più circoscritta, perché tende a rievocare soltanto il momento culminante di un lungo processo storico, che si concreta negli anni 1859-1861.
Se quindi l’esperienza dell’Esposizione del 1888 può costituire un’utile direttiva, la natura e gli scopi della presente Mostra sono diversi, in quanto essa impone una scelta espositiva più particolare e specifica, ristretta com’è ad un triennio.
Si sarebbe certo potuto, in deroga a tale indicazione cronologica, estendere la documentazione anche ai decenni precedenti, in quanto ovviamente nella storia non esistono tagli netti, e, nel caso concreto, inoltre, la preparazione dei grandi eventi del 1859 trova riscontri molteplici negli avvenimenti della prima metà del secolo.
Si è voluto però concentrare l’attenzione proprio su uomini e fatti del periodo che interessa, senza indulgere a facili amplificazioni, per poter meglio assolvere un compito particolare e specifico, data anche la diversa prospettiva storica degli avvenimenti, che si possono giudicare meglio per la loro lontananza nel tempo.
Variando i criteri espositivi,la Mostraattuale deve comprendere non solo documenti e cimeli del capoluogo, ma quelli del maggior numero possibile di Comuni della provincia con una documentazione possibilmente inedita che rispecchi sia l’aspetto diciamo così ufficiale, come pure la viva partecipazione popolare e lo spirito pubblico del tempo.
La ricerca preliminare si è rivolta pertanto alle serie documentarie possedute e conservate negli archivi delle Amministrazioni comunali, in modo che tutti i Comuni possono essere rappresentati, ad attestare appunto l’unanimità dei consensi e la maturità dei tempi (cfr. Allegato V).
Sono stati esclusi di proposito dalla Mostra le raccolte del Museo del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara, che costituisce con i suoi cimeli e con le sue carte un vero e proprio sacrario delle memorie patrie risorgimentali.
Si è voluto infatti far ricorso a fonti documentarie nuove e inedite, poiché il materiale del Museo è già noto per costituire la parte più importante delle mostre permanenti.
Sono però tenuti presenti per eventuali apporti alla Mostra gli archivi storici dell’Amministrazione Provinciale di Ferrara e l’Archivio di Stato, in possesso di serie di un certo interesse.
Inoltre questa documentazione pubblica va integrata con quanto in possesso di privati i quali, data l’alta finalità patriottica della Mostra, sono invitati a consentire alla cessione in temporaneo deposito.
L’esposizione tende ad evitare una fredda e prudente – se non addirittura distaccata – presentazione di oggetti e di documenti, poiché la storia del Risorgimento italiano non può essere certo validamente interpretata a freddo, trattandosi di eventi dei quali ancor oggi si sente forte il richiamo. Il pubblico comunque sancirà un giudizio su questa manifestazione dalla quale, per la solennità e l’importanza della data da celebrare, si imponeva un preciso impegno.
Occorre che il pubblico sia attratto a visitarela Mostranon in quanto valorizza il lato spettacolare, ma in quanto interessa alla rievocazione tutti gli strati della popolazione.
Occorre poter rivivere una vita di passione patriottica, culturale, sociale ed umana di assai più ampio respiro di quanto non sia concepito dai nostri studiosi di storia a tavolino.
Tale il criterio informatore generale cui intendono ispirarsi gli ordinatori del materiale, per renderela Mostraveramente evocativa di eventi memorabili perla Patrianostra.
Si tratta infatti di momenti decisivi che hanno influenzato in modo determinante la nostra vita nazionale.
Infatti il Risorgimento è anche tradizione popolare e lo è nella misura in cui un secolo di vita statale comune, pur con i necessari conformismi, ha trasferito nel popolo, o in sezioni della società italiana, la tradizione risorgimentale.
Certo il problema rimane ancora aperto se il Risorgimento sia tradizione più di cultura e di Stato che di popolo. Ma, al di fuori di queste discussioni più o meno dotte, si può dire che oltre alla documentazione scritta, esiste una tradizione che è in noi e nei nostri cuori, certo più valida e più decisiva per un giudizio sia pure passionale di eventi gloriosi.
I grandi avvenimenti storici non devono apparire nella documentazione come convenientemente sfruttati dal commercio. L’esposizione non deve fermarsi alla forma, ma addentrarsi nella sostanza degli eventi storici di quell’epoca, cercando appunto di penetrare gli avvenimenti con un’indagine storico-critica. E quindi non soltanto popolarizzare gli avvenimenti nella Mostra, ispirandosi ad una pretesa rigida obiettività storica.
Ma oltre a questi criteri generali, gli ordinatori dovranno tenere conto della particolare situazione locale.
Ferrara è stata fino al 1859 – e rimarrà tale fino al 1866, terza guerra d’indipendenza – una terra di confine, di importanza soprattutto militare. La sovranità vi era esercitata dalla diarchia: truppe austriache d’occupazione e governo pontificio, poiché quest’ultimo, per la sua intrinseca debolezza soprattutto militare, aveva dovuto rassegnarsi a tale soluzione, tutt’altro che ideale, pur di continuare stancamente un dominio secolare di questa estrema legazione periferica.
Ferrara era importante per la sua fortezza che rappresentava per l’Austria un caposaldo minaccioso da far valere contro chiunque pensasse ad attaccare sul fianco. E difatti Ferrara è l’ultima ad essere abbandonata dal presidio austriaco: da Modena e da Bologna le guarnigioni austriache sono richiamate l’11 giugno 1859. Per Ferrara occorre aspettare il 21 giugno, perché l’Austria non ha fretta di andarsene, trovandosi in posizione estremamente favorevole per una ritirata, data la vicinanza del Po e di Mantova.
Ferrara ha la mentalità e lo spirito di una terra di confine, con la prudenza e la scaltrezza, la pazienza e l’intraprendenza necessarie: arti sottili per sopravvivere in un clima ambiguo di immobilismo.
Certo, se si va in cerca di una documentazione in tal senso, come di tanti episodi d’ardimento e di eroismo mal conosciuti, le carte sono mute. E nulla potrà rilevare le trepide attese, le ansie ed i tormenti di una lunga preparazione, le sofferenze e le congiure, i segreti maneggi e i desideri chiusi nel cuore di tanta gente tutta protesa verso un ideale radioso.
L’occupazione militare, dura, vigile e ferma, era sentita come un’umiliazione. Rispettose della legalità, le truppe mantenevano quasi sempre un contegno disciplinato e corretto. Ma l’odio della popolazione non era per questo meno grande. Quando il 21 giugno avviene la liberazione, ciò si verifica all’improvviso con la partenza della guarnigione austriaca e dell’autorità pontificia. Vi è uno scoppio fortissimo di entusiasmo popolare, e questo può essere attestato ad abbondanza. Tramonta nel contempo di colpo il ruolo militare della fortezza, si aprono nuove prospettive di pacifica convivenza civile di una città che per secoli ha covato in un geloso immobilismo i particolari privilegi di un governo locale, e che ora si trova alle prime prove dell’attuazione di un uniforme ordinamento amministrativo.
Tutte le difficoltà iniziali appena avvertite di un nuovo assestamento, l’eco clamorosa dei grandi avvenimenti nazionali: ecco un breve scorcio degli inizi della storia di Ferrara italiana.
Si è rilevato lo scarso contributo dato da Ferrara al Risorgimento. Questa Mostra non trae origine certamente da un intento polemico di dimostrare il contrario, ma ha il fermo proposito di lasciar parlare una valida e seria documentazione.
Non si può tuttavia dimenticare che, lontana dai centri che cent’anni or sono «facevano la storia», Ferrara era una città semideserta ed in rovina.
Se tuttavia Ferrara ha fatto sentire allora la sua voce nel coro di fervidi e patriottici sensi, ciò ha rappresentato lo slancio spontaneo e univoco di entusiasmo di tutto un popolo che si svegliava da un lungo sonno, e che, oltre il chiuso cerchio delle mura e di una modesta vita locale, guardava con viva speranza ad un futuro migliore di rinascita e di progresso.
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Introduzione alla Mostra Provinciale Celebrativa del I° Centenario dell’Unità d’Italia – Nello Rondelli (“Ferrara Viva”, anno I, n. 2, Ottobre 1959)
Fra le manifestazioni celebrative del Centenario dell’Unità è prevista, in sede provinciale, presso il Museo del Risorgimento e della Resistenza in Ferrara, una Mostra di documenti, stampe, manifesti, autografi e cimeli dell’epoca.
Questa Mostra riveste una particolare importanza, perché negli intendimenti del Comitato promotore deve documentare la partecipazione di Ferrara e provincia ai grandi eventi degli inizi della nostra storia unitaria.
Fin dallo scorso anno il Soprintendente Archivistico dell’Emilia aveva lanciato l’idea di una mostra regionale emiliana che, in caso di riuscita, avrebbe potuto essere trasferita, di volta in volta, nei capoluoghi della Regione (cfr. Allegato IV).
Essendo però sorte frattanto in vari centri iniziative autonome per mostre provinciali ed essendosi una mostra regionale rivelata – per l’allestimento e le spese – molto complessa ed impegnativa, anche a Ferrara si impose come opportuna l’organizzazione di una Mostra a carattere provinciale, senza escludere con ciò la possibilità di una successiva mostra a carattere regionale, anzi creandone le premesse.
A conforto della presente iniziativa, si può richiamare l’unica esperienza precedente che risale all’anno 1888, allorché nella grande Esposizione delle province dell’Emilia in Bologna, nel «Tempio del Risorgimento Italiano», venne organizzata una grande Mostra di documenti e memorie di tutto il periodo risorgimentale (cfr. Allegato I). concorsero allora tutte le province emiliane, e anche Ferrara venne degnamente rappresentata con un cospicuo gruppo di carte, stampe e cimeli (cfr. Allegati II e III).
In confronto all’esposizione precedente, che partiva dal 1794 per giungere al 1870, l’attuale Mostra provinciale è molto più circoscritta, perché tende a rievocare soltanto il momento culminante di un lungo processo storico, che si concreta negli anni 1859-1861.
Se quindi l’esperienza dell’Esposizione del 1888 può costituire un’utile direttiva, la natura e gli scopi della presente Mostra sono diversi, in quanto essa impone una scelta espositiva più particolare e specifica, ristretta com’è ad un triennio.
Si sarebbe certo potuto, in deroga a tale indicazione cronologica, estendere la documentazione anche ai decenni precedenti, in quanto ovviamente nella storia non esistono tagli netti, e, nel caso concreto, inoltre, la preparazione dei grandi eventi del 1859 trova riscontri molteplici negli avvenimenti della prima metà del secolo.
Si è voluto però concentrare l’attenzione proprio su uomini e fatti del periodo che interessa, senza indulgere a facili amplificazioni, per poter meglio assolvere un compito particolare e specifico, data anche la diversa prospettiva storica degli avvenimenti, che si possono giudicare meglio per la loro lontananza nel tempo.
Variando i criteri espositivi,la Mostraattuale deve comprendere non solo documenti e cimeli del capoluogo, ma quelli del maggior numero possibile di Comuni della provincia con una documentazione possibilmente inedita che rispecchi sia l’aspetto diciamo così ufficiale, come pure la viva partecipazione popolare e lo spirito pubblico del tempo.
La ricerca preliminare si è rivolta pertanto alle serie documentarie possedute e conservate negli archivi delle Amministrazioni comunali, in modo che tutti i Comuni possono essere rappresentati, ad attestare appunto l’unanimità dei consensi e la maturità dei tempi (cfr. Allegato V).
Sono stati esclusi di proposito dalla Mostra le raccolte del Museo del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara, che costituisce con i suoi cimeli e con le sue carte un vero e proprio sacrario delle memorie patrie risorgimentali.
Si è voluto infatti far ricorso a fonti documentarie nuove e inedite, poiché il materiale del Museo è già noto per costituire la parte più importante delle mostre permanenti.
Sono però tenuti presenti per eventuali apporti alla Mostra gli archivi storici dell’Amministrazione Provinciale di Ferrara e l’Archivio di Stato, in possesso di serie di un certo interesse.
Inoltre questa documentazione pubblica va integrata con quanto in possesso di privati i quali, data l’alta finalità patriottica della Mostra, sono invitati a consentire alla cessione in temporaneo deposito.
L’esposizione tende ad evitare una fredda e prudente – se non addirittura distaccata – presentazione di oggetti e di documenti, poiché la storia del Risorgimento italiano non può essere certo validamente interpretata a freddo, trattandosi di eventi dei quali ancor oggi si sente forte il richiamo. Il pubblico comunque sancirà un giudizio su questa manifestazione dalla quale, per la solennità e l’importanza della data da celebrare, si imponeva un preciso impegno.
Occorre che il pubblico sia attratto a visitarela Mostranon in quanto valorizza il lato spettacolare, ma in quanto interessa alla rievocazione tutti gli strati della popolazione.
Occorre poter rivivere una vita di passione patriottica, culturale, sociale ed umana di assai più ampio respiro di quanto non sia concepito dai nostri studiosi di storia a tavolino.
Tale il criterio informatore generale cui intendono ispirarsi gli ordinatori del materiale, per renderela Mostraveramente evocativa di eventi memorabili perla Patrianostra.
Si tratta infatti di momenti decisivi che hanno influenzato in modo determinante la nostra vita nazionale.
Infatti il Risorgimento è anche tradizione popolare e lo è nella misura in cui un secolo di vita statale comune, pur con i necessari conformismi, ha trasferito nel popolo, o in sezioni della società italiana, la tradizione risorgimentale.
Certo il problema rimane ancora aperto se il Risorgimento sia tradizione più di cultura e di Stato che di popolo. Ma, al di fuori di queste discussioni più o meno dotte, si può dire che oltre alla documentazione scritta, esiste una tradizione che è in noi e nei nostri cuori, certo più valida e più decisiva per un giudizio sia pure passionale di eventi gloriosi.
I grandi avvenimenti storici non devono apparire nella documentazione come convenientemente sfruttati dal commercio. L’esposizione non deve fermarsi alla forma, ma addentrarsi nella sostanza degli eventi storici di quell’epoca, cercando appunto di penetrare gli avvenimenti con un’indagine storico-critica. E quindi non soltanto popolarizzare gli avvenimenti nella Mostra, ispirandosi ad una pretesa rigida obiettività storica.
Ma oltre a questi criteri generali, gli ordinatori dovranno tenere conto della particolare situazione locale.
Ferrara è stata fino al 1859 – e rimarrà tale fino al 1866, terza guerra d’indipendenza – una terra di confine, di importanza soprattutto militare. La sovranità vi era esercitata dalla diarchia: truppe austriache d’occupazione e governo pontificio, poiché quest’ultimo, per la sua intrinseca debolezza soprattutto militare, aveva dovuto rassegnarsi a tale soluzione, tutt’altro che ideale, pur di continuare stancamente un dominio secolare di questa estrema legazione periferica.
Ferrara era importante per la sua fortezza che rappresentava per l’Austria un caposaldo minaccioso da far valere contro chiunque pensasse ad attaccare sul fianco. E difatti Ferrara è l’ultima ad essere abbandonata dal presidio austriaco: da Modena e da Bologna le guarnigioni austriache sono richiamate l’11 giugno 1859. Per Ferrara occorre aspettare il 21 giugno, perché l’Austria non ha fretta di andarsene, trovandosi in posizione estremamente favorevole per una ritirata, data la vicinanza del Po e di Mantova.
Ferrara ha la mentalità e lo spirito di una terra di confine, con la prudenza e la scaltrezza, la pazienza e l’intraprendenza necessarie: arti sottili per sopravvivere in un clima ambiguo di immobilismo.
Certo, se si va in cerca di una documentazione in tal senso, come di tanti episodi d’ardimento e di eroismo mal conosciuti, le carte sono mute. E nulla potrà rilevare le trepide attese, le ansie ed i tormenti di una lunga preparazione, le sofferenze e le congiure, i segreti maneggi e i desideri chiusi nel cuore di tanta gente tutta protesa verso un ideale radioso.
L’occupazione militare, dura, vigile e ferma, era sentita come un’umiliazione. Rispettose della legalità, le truppe mantenevano quasi sempre un contegno disciplinato e corretto. Ma l’odio della popolazione non era per questo meno grande. Quando il 21 giugno avviene la liberazione, ciò si verifica all’improvviso con la partenza della guarnigione austriaca e dell’autorità pontificia. Vi è uno scoppio fortissimo di entusiasmo popolare, e questo può essere attestato ad abbondanza. Tramonta nel contempo di colpo il ruolo militare della fortezza, si aprono nuove prospettive di pacifica convivenza civile di una città che per secoli ha covato in un geloso immobilismo i particolari privilegi di un governo locale, e che ora si trova alle prime prove dell’attuazione di un uniforme ordinamento amministrativo.
Tutte le difficoltà iniziali appena avvertite di un nuovo assestamento, l’eco clamorosa dei grandi avvenimenti nazionali: ecco un breve scorcio degli inizi della storia di Ferrara italiana.
Si è rilevato lo scarso contributo dato da Ferrara al Risorgimento. Questa Mostra non trae origine certamente da un intento polemico di dimostrare il contrario, ma ha il fermo proposito di lasciar parlare una valida e seria documentazione.
Non si può tuttavia dimenticare che, lontana dai centri che cent’anni or sono «facevano la storia», Ferrara era una città semideserta ed in rovina.
Se tuttavia Ferrara ha fatto sentire allora la sua voce nel coro di fervidi e patriottici sensi, ciò ha rappresentato lo slancio spontaneo e univoco di entusiasmo di tutto un popolo che si svegliava da un lungo sonno, e che, oltre il chiuso cerchio delle mura e di una modesta vita locale, guardava con viva speranza ad un futuro migliore di rinascita e di progresso.